Il melanoma, quando ancora in fase di diffusione regionale, rimane una patologia di interesse eminentemente chirurgico non esistendo attualmente opzioni terapeutiche valide alla chirurgia resettiva del tumore primario e delle metastasi regionali. I criteri di trattamento del tumore primitivo sono ormai codificati e standardizzati. (flow chart linee guida 1 e 2).
Si esegue biopsia escissionale incidendo la cute ad un minimo di tre millimetri di tessuto sano dal margine della lesione e si invia in anatomia patologica per eseguire esame istologico. L’orientamento della losanga chirurgica deve essere progettato in previsione dell’eventuale asportazione definitiva, cercando un buon compromesso tra la radicalità oncologica e il rispetto dell’estetica.
Fondamentale che l’esame istologico segnali tutte le caratteristiche richieste dalla nuova classificazione AJCC (breslow, clark, ulcerazione, brisck, regressione, mitosi). L’esecuzione di una biopsia incisionale non è raccomandabile non permettendo un microstaging accurato; inoltre in caso di lesioni melanocitarie insorte su nevi preesistenti la biopsia incisionale potrebbe sottostimare il problema o favorire una diagnosi errata se il pezzo asportato interessa solo la parte non neoplastica. In alcuni casi selezionati, come grosse lesioni del volto, della testa o dei piedi (dove un intervento radicale può essere molto demolitivo e deve essere programmato con importante intervento plastico) la biopsia incisionale si rende indispensabile per ottenere una diagnosi istologica.
Non è richiesta ulteriore exeresi di radicalizzazione se l’exeresi è stata condotta a 3 mm. La linea di incisione cutanea deve essere condotta a 3 mm dai margini macroscopici del tumore e l’exeresi deve comprendere una più vasta area di tessuto sottocutaneo.
Si può considerare sufficiente un’exeresi di radicalizzazione tra i 0.8-1 cm di tessuto sano. Il parametro di un centimetro dai margini può essere meno tassativo quando il melanoma è a sola crescita orizzontale.
Si esegue una exeresi di radicalizzazione a 1 cm dai margini della pregressa cicatrice chirurgica fino alla fascia muscolare esclusa. La Losanga chirurgica viene eseguita, dove possibile, prolungando l’asse maggiore nella direzione del drenaggio linfatico preferenziale di quella sede, verso la stazione linfatica regionale.
Si esegue una exeresi di radicalizzazione a 1 cm dai margini della pregressa cicatrice chirurgica fino alla fascia muscolare esclusa contestualmente alla biopsia del linfonodo sentinella. Anche in caso di melanoma sottile ( < al millimetro di spessore ), se l’infiltrazione secondo Clark è ≥ IV livello può esserci una metastatizzazione locoregionale e la ricerca del linfonodo sentinella si rende indispensabile.
Si esegue una exeresi di radicalizzazione a 1 cm dai margini della pregressa cicatrice chirurgica fino alla fascia muscolare esclusa contestualmente alla biopsia del linfonodo sentinella.
Per melanomi con spessore maggiore di 2 mm si consiglia (per sedi anatomiche che lo consentano) una maggiore estensione dell’exeresi di radicalizzazione che può essere eseguita a 2cm dai margini, sempre contestualmente alla ricerca del linfonodo sentinella. Gli studi eseguiti hanno dimostrato in questi casi, allargando l’exeresi, un maggiore controllo sulle recidive locali ma non sulla sopravvivenza globale.
Exeresi più ampie non sono assolutamente consigliate e non hanno nessun impatto significativo sull’intervallo libero da malattia e sulla sopravvivenza.
L’uso della linfoscintigrafia dinamica pre-operatoria è oggi lo standard. L’esame deve essere eseguito dalle 4 alle 18 ore prima dell’intervento chirurgico in quanto, considerando i tempi di decadimento degli isotopi abitualmente utilizzati, l’utilizzo della sonda di rilevamento intraoperatoria ( probe ) è legato alla persistenza di una minima radioattività nella sede della biopsia.
I vantaggi dell’uso della linfoscintigrafia dinamica sono:
L’esame viene eseguito mediante iniezione intradermica del tracciante radiomercato ( nanocolloidi di albumina o sospensioni colloidali solforate marcate con Tc 99M ) intorno alla cicatrice chirurgica della pregressa exeresi del melanoma o ai margini di questo se ancora presente. A questo si associa per maggiore sicurezza il metodo originariamente descritto da Morton che consiste nell’inoculo perilesionale di 1-1.5 cc di colorante vitale ( Patent Blu o Blu di Metilene ) subito prima dell’intervento chirurgico.Il colorante vitale viene drenato in brevissimo tempo (5-20 min) dai linfatici fino a raggiungere il linfonodo sentinella interessato. L’identificazione intra-operatoria è quindi facilitata oltre che dall’uso della sonda “probe, anche dall’intensa colorazione azzurra del linfonodo. Il linfonodo sentinella asportato viene inviato al patologo per l’esame istologico definitivo. In considerazione delle dimensioni microscopiche di alcuni foci metastatici, l’esame istologico intraoperatorio risulta spesso falsamente negativo e quindi sconsigliabile. Importante in questi casi, l’uso routinario dell’immunoistochimica in aggiunta alle colorazioni tradizionali, per una più facile localizzazione delle micrometastasi intralinfonodali.
Il paziente non necessita ulteriori trattamenti chirurgici ma rientra nelle normali procedure di follow-up differenziato per stadio. Alcuni casi selezionati possono entrare a far parte di protocolli clinici sperimentali.
Il paziente necessita trattamento chirurgico di completamento della dissezione linfonodale del distretto esaminato.
Le sedi linfonodali interessate sono:
La dissezione linfonodale regionale deve essere radicale:
In tutti i casi in cui si documenta a livello clinico o patologico la presenza di una metastasi linfonodale regionale da melanoma è essenziale eseguire una dissezione linfonodale radicale della stazione interessata.
Nell’evenienza che sia dimostrata la presenza contestuale di un secondo melanoma cutaneo primitivo bisogna attenersi alle stesse indicazioni del melanoma singolo. Una volta eseguito l’esame istologico e il trattamento adeguato (eventuale biopsia del linfonodo sentinella ed eventuale dissezione linfonodale) il follow-up che il paziente deve eseguire sarà determinato dal melanoma con la stadiazione più elevata.
L’atteggiamento terapeutico segue le stesse linee guida del precedente e il follow-up riparte dal tempo zero facendo riferimento al melanoma a stadiazione più elevata.
In caso di comparsa di una prima recidiva locale o satellitosi (nodulo recidivo nel tessuto circostante la pregressa exeresi del primitivo per un raggio di 3 cm) viene eseguita una seconda ampia demolizione locale della sede interessata con eventuale plastica. Se il paziente non ha mai eseguito dissezione linfonodale radicale della stazione regionale interessata, è indicata l’esecuzione di una biopsia del linfonodo sentinella da effettuarsi con gli stessi criteri utilizzati per il primitivo.
In caso di lesioni dermiche e sottocutanee secondarie, che si presentano alla prima osservazione in numero limitato e chirurgicamente asportabili per dimensioni e sede, l’exeresi è il trattamento d’elezione.
In presenza di metastasi in transit agli arti, plurirecidive o inoperabili per numero e grandezza, il trattamento elettivo è la “Perfusione ipertermico antiblastica in CEC con alkeran e/o TNF”.
Tale metodica consiste nell’isolare la circolazione dell’arto interessato, di regola a livello dei vasi iliaci esterni per gli arti inferiori e dei vasi ascellari per quelli superiori, e nel collegarla ad una macchina cuore-polmoni cui è associato uno scambiatore di calore in grado di consentire una temperatura di 40-41,5° C a livello del tessuto tumorale.
In questo circuito isolato viene iniettata una dose di farmaco circa 10 volte superiore alla dose massima tollerata dopo somministrazione per via sistemica. Quando l’isolamento vascolare non è possibile (ad esempio per pregresso intervento di svuotamento lifonodale inguino-iliaco-otturatorio dell’arto da perfondere), può essere utilizzata la metodica della elettrochemioterapia.
Trattamento chirurgico del IV stadio
Il trattamento chirurgico della malattia al IV stadio è stato molto discusso in questi anni. Una attenta analisi della letteratura dimostra però un ruolo non secondario della chirurgia anche in questo stadio.
Quando si prende in considerazione un paziente metastatico per il trattamento chirurgico bisogna prima di tutto individuare l’obiettivo:
In caso di intento curativo è importante selezionare pazienti che siano portatori di tumore a bassa aggressività biologica (lungo intervallo libero di malattia), che abbiano un numero limitato di lesioni e in sedi accessibili. L’intervento deve essere macroscopicamente radicale per avere un impatto sulla sopravvivenza.
Le lesioni secondarie che hanno dimostrato buoni risultati sulla sopravvivenza con la chirurgia radicale sono le metastasi cutanee e sottocutanee, le adenopatie non regionali e le metastasi polmonari (M1a, M1b). In caso di intento palliativo l’obiettivo che si vuole ottenere deve essere chiaro al paziente e ai suoi familiari; l’intervento deve essere possibile con limitata ospedalizzazione, minima morbilità e minimo rischio. Le lesioni secondarie del tratto gastroenterico e le grosse lesioni ulcerate della cute e del sottocute rientrano elettivamente in questo gruppo. Per raggiungere l’obiettivo palliativo l’intervento può essere anche una semplice citoriduzione o debulking. In conclusione si può affermare che la chirurgia per il melanoma al IV stadio è una buona opzione terapeutica che deve essere presa in considerazione previa attenta selezione dei pazienti e delle caratteristiche biologiche e predittive della neoplasia.
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